Dodici quartine d’amore e vino – Omar Khayyâm

Da Vittorio Rugarli, Dodici quartine di Omar Khayyâm, traduzione dal persiano, Bologna, 1895. Omar Khayyam (1048-1131) fu un matematico, astronomo e poeta persiano.

 

I (77)

Danzatrici, e vino, e fanciulle belle come Urí, se ve n’ha; ovvero acque correnti e margini erbosi, se ve n’ha. Meglio di questo non chiedere; non temere l’Inferno che è spento; in verità, ché fuori di questo non vi ha Paradiso, se pure vi ha.

 

II (82)

Nella coppa rossa il vino color della rosa è gradevole; con gemito di liuto e con lamento di cetra è gradevole. Il monaco che non ha notizia della dolce tazza mi è caro, quando è lontano da me mille parasanghe.

 

III (85)

Sappi che dall’anima devi separarti, e che andrai dietro i veli del segreto di Dio. Bevi vino, ché non sai donde sei venuto: sii lieto, perché non sai dove andrai.

 

IV (94)

Lo splendore della luna, colla sua luce, ha dilacerata la veste della notte; bevi vino, ché un momento simile non è possibile trovare; sii lieto e pensa che molti splendori di luna verranno l’un dopo l’altro sulla faccia della terra.

 

V (98)

Sii lieto, ché il dolore sarà infinito: nel cielo avverranno le congiunzioni dei pianeti e i mattoni che si faranno col tuo corpo saranno per i palazzi degli altri.

 

VI (152)

La stagione è dolce, e l’aria non è né calda né fredda: le nubi dalla faccia dei roseti detergono la polvere; l’usignolo in sua lingua parla ai fiori gialli, e susurra che occorre bever vino.

 

VII (235)

Ecco, è l’aurora: sorgi, o maestra dei vezzi; dolcemente dolcemente bevi vino e suona il liuto: quelli che dormono non vivranno lungamente, e di quelli che sono morti nessuno tornerà indietro.

 

VIII (269)

O Amico, vieni; non curiamoci della noia del dimani: Dimani, quando partiremo da quest’antica sede, saremo con quelli di settemila anni fa.

 

IX (346)

O Signore, al mio cuore prigioniero usa misericordia, al mio petto che accoglie il dolore usa misericordia, ai miei piedi che vanno alla taverna perdona, alla mia mano che afferra la coppa usa misericordia.

 

X (370)

Vedi: per opera di zeffiro il calice delle rose s’è aperto; l’usignolo per la bellezza delle rose s’è fatto lieto. All’ombra delle rose ti assidi, perché spesso queste rose dalla terra sono uscite e sotterra sono andate.

 

XI (396)

O rosa, tu somigli al volto di una fanciulla fascinatrice di cuori; o vino, tu assomigli a un rubino che allieta l’anima; o fortuna litigiosa, ogni momento mi sei più ignota, e tuttavia mi sei nota.

 

XII (—)

Dal libro dell’amore io traevo un augurio: d’improvviso un sapiente dal cuore acceso disse: – Felice chi nella casa ha un’amica bella come la luna, e una notte lunga come un anno.

 

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