Alla Cantina Santa Croce: la storia e l’attività odierna

Continua il nostro winetour attraverso le cantine del territorio modenese che producono lambrusco. Oggi vi parliamo della nostra visita alla Cantina Santa Croce, attraverso l’intervista che abbiamo realizzato con il vicepresidente e amministratore delegato alla vendita e agli acquisti Lauro Coronati.

 

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Qual è la storia della Cantina Santa Croce?

 

La Cantina Santa Croce è nata qui a Santa Croce, per volontà dei proprietari terrieri della zona. La sede della Cantina è ancora oggi quella storica individuata nel lontano 1907, nel cuore dell’omonimo territorio che dà il nome al classico Lambrusco Salamino di S. Croce.

 

La Cantina è stata costituita nel maggio del 1907: fu acquistato il terreno dove siamo ancora oggi, venne costruita la Cantina  e nel 1908 è iniziata l’attività. Dai libri sociali si deduce che la prima Assemblea e il primo Consiglio di amministrazione – come pure quelli seguenti per diversi anni – si svolsero presso la canonica della chiesa di Santa Croce, il parroco fungeva da segretario. Ricordo questo aneddoto per sottolineare come le radici di questa cooperativa siano ispirate ai valori della cooperazione cristiana.

 

La cantina alla prima vendemmia contava 54 soci con un conferimento di uva pari a 5987 quintali. Ovviamente nel tempo sono aumentati. Gli anni difficili sono stati quelli delle guerre, in particolare la seconda guerra mondiale, e quelli immediatamente successivi. La produzione di uva si era fortemente ridotta e i soci hanno dovuto affrontare momenti di forte difficoltà.

 

Nel tempo la cantina ha avuto una forte evoluzione, pur restando fedele a quelli che erano i principi della cooperazione che si richiamava ai valori cattolici. Nel 1970 la cantina si è ampliata, dotandosi di strutture più moderne. In quegli anni lavoravano dai 50 ai 60 mila quintali d’uva l’anno.

 

La forte crescita di questa cantina ebbe inizio dalla fine degli anni ’90, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove i volumi prodotti sono più che raddoppiati, passando dai 60 mila quintali d’uva lavorata agli attuali 133 mila.

 

L’attenzione alla qualità ha fatto sì che l’80% delle uve conferite provengano da vigneti a denominazione di origine controllata e ad indicazione geografica tipica. Il vitigno più coltivato in assoluto è il Lambrusco Salamino di S.Croce D.O.C.

 

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E cos’è, oggi, la cantina?

 

Attualmente siamo una cooperativa con oltre 300 soci produttori, con una potenzialità di lavorazione dai 130 ai 140 mila quintali d’uva e che riesce a dare un’interessante remunerazione ai soci. Per questo motivo, probabilmente, siamo la cooperativa che nel nostro territorio si è estesa maggiormente.

 

In un contesto dove complessivamente la produzione è diminuita, la nostra forse è l’unica cantina che è cresciuta ed è riuscita ad attrarre una base sociale più ampia. Tra le cooperative un elemento di concorrenza è certamente rappresentato da come si riesce a remunerare l’uva conferita.

 

In passato, quando erano più radicate le ideologie, la scelta di aderire a un tipo di cooperativa o un’altra poteva essere condizionata da variabili non necessariamente economiche.

Ormai da diversi decenni le valutazioni che i soci fanno sono di tipo prettamente economico. Sono scelte di medio / lungo periodo. Negli ultimi anni siamo riusciti ad aggregare nuovi soci sia nel modenese che, soprattutto, nel reggiano. Attualmente, nel nostro bacino di utenza, le uve del reggiano conferiscono più del 15% del prodotto che noi lavoriamo.

 

I nostri sono prevalentemente soci che conferiscono anche in altre cooperative. I soci che conferiscono esclusivamente in questa cooperativa sono comunque un numero interessante e sono quelli più radicati.

 

 

 

Qual è il vostro obiettivo principale?

 

Una struttura moderna con tecnologie avanzate, con una solida base sociale che riesca a coniugare innovazione e tradizione per affrontare le nuove sfide future.

 

 

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Negli anni è andato quindi a diluirsi il collegamento con la radice cattolica della cantina?

 

Oggi le valutazioni che caratterizzano la scelta di una cantina sociale rispetto a un’altra non sono né ideologiche né religiose. Abbiamo soci delle più diverse e disparate fedi religiose e politiche. I valori della cantina, comunque, rimangono sempre quelli.

 

 

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Qual è il suo percorso personale rispetto alla cantina alla cantina?

 

Io sono innanzitutto un socio produttore. Quando agli inizi degli anni ’70 ho realizzato un’azienda agricola autonoma sono diventato socio. La mia famiglia è socia dagli anni ’20Nel 1984 sono entrato nel consiglio di amministrazione e sono stato eletto vicepresidente. Verso la fine degli anni ’90 sono diventato l’amministratore delegato alla vendita e agli acquisti, e tutt’ora svolgo questa attività.

 

Io mi definisco un “agricoltore part-time”, perché la mia attività è diversa: sono stato per tanti anni dirigente di un’azienda meccanica della nostra zona che produce trattori, fino al momento di andare in pensione. Nel ’97, poiché ero iscritto all’albo dei dottori commercialisti di Modena già da metà degli anni ’70, ho aperto lo studio e tutt’ora pratico l’attività di commercialista.

 

 

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