Alla Cantina Zucchi: un Lambrusco da leoni

L’ultima tappa del nostro tour “di cantina in cantina” ci ha portati a San Prospero, in provincia di Modena. Qui abbiamo conosciuto la Cantina Zucchi, che ci è stata presentata da Silvia Zucchi, un’intraprendente, giovane e preparata enotecnica, e da suo padre Davide, che negli ultimi decenni ha reso il nome della famiglia un sinonimo di Lambrusco di alta qualità noto in Italia e all’estero.

 

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Buongiorno Silvia, qual è il tuo percorso professionale e quali sono i tuoi ruoli in Cantina?

 

Ho ventitre anni, ho studiato enologia alla scuola superiore di Conegliano Veneto e da tre anni lavoro nella Cantina di famiglia.

 

Le scuole di enologia in Italia sono poche. La scelta di frequentarla è nata in modo spontaneo, e ha contribuito ad accrescere la mia passione per il lavoro in cantina.

Continuo a formarmi per migliorare sempre l’apporto che posso dare alla Cantina. Quest’anno sono stata in America per studiare inglese e conoscere i nostri importatori d’oltre oceano.

 

 

Che impressione hai avuto conoscendoli?

 

La prima cosa che ho notato è che hanno un modo di vendere molto diverso dal nostro. Ad esempio quando noi andiamo a presentare il nostro vino ai ristoranti lasciamo sempre una bottiglia campione. Lì con una stessa bottiglia fanno il giro di più ristoranti, per contenere i costi. E girano molti ristoranti in uno stesso giorno, a ritmi battenti.

 

 

In quanti lavorate in cantina?

 

Qui lavoriamo io, i miei genitori e Alex, che ci dà una mano, dalle fasi di vendemmia, all’imbottigliamento, al mantenimento delle attrezzature.

 

Mio padre si occupa della Cantina a 360°, e io lavoro a stretto contatto con lui per imparare dalla sua esperienza. Personalmente preferisco lavorare in campagna e cantina, anche perché è quello per cui ho studiato, ma seguo assieme a lui anche tutte le attività da ufficio.

 

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Qual è la storia della Cantina?

 

Il fondo sul quale è sorta la cantina lo comprarono i genitori di mia nonna, che erano di San Felice. Mio nonno Bruno lo iniziò a sfruttare per la produzione del vino, e fondò la cantina nel 1950. Gli ettari su cui lavoriamo sono gli stessi di allora: dieci ettari totalmente coltivati a uve Salamino e Sorbara.

 

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Con l’arrivo di mio padre alla gestione della Cantina si cominciò a puntare molto sulla qualità del prodotto finale. Precedentemente il vino veniva fatto in modo molto diverso. Era tutto rifermentato in bottiglia senza l’utilizzo di autoclavi.

 

 

Che caratteristiche ha il vostro Lambrusco?

 

Il nostro terreno dà molta acidità al vino. È una cosa positiva, ma bisogna essere bravi a equilibrare le uve a nostra disposizione.

Noi cerchiamo di far conoscere il vero Lambrusco di Sorbara tradizionale, profumato, fresco, acidulo e soprattutto secco, perché purtroppo in molti conoscono il Lambrusco come vino dolce e scuro.

In generale per me il Lambrusco è l’uva migliore che ci sia. Soprattutto il Sorbara: è analiticamente perfetto, il grappolo è spargolo e ha molti meno problemi rispetto al Lambrusco Salamino.

 

Da quanto abbiamo i nuovi sesti d’impianto GDC e spalliera, abbiamo sempre fatto raccolta meccanica, ma da quest’anno vendemmieremo esclusivamente a mano, nonostante i costi siano più elevati. Abbiamo fatto questa scelta perché ci sono molte malattie che ultimamente stanno colpendo tutti i vigneti, le piante vengono stressate dalle vendemmiatrici meccaniche e inoltre vi è una trasmissione più veloce di malattie da campo a campo.

 

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È un investimento che siamo felici di fare, perché va a migliorare la qualità dell’uva. Le cantine piccole, come la nostra, devono differenziarsi su questo fronte, lavorando al meglio la campagna: abbiamo sempre fatto produrre produrre e ancora produrre i nostri vigneti indebolendoli e aumentando appunto il rischio di essere colpiti più facilmente da diverse ampelopatie.

 

 

Come hanno influito le forti precipitazioni di quest’estate sull’uva per la prossima vendemmia?

 

Gli effetti sono palesi: si notano dalla grandezza degli acini, che sono molto più grossi degli altri anni. Gli effetti sono sia positivi che negativi.

 

La scorsa vendemmia è stata molto abbondante, quindi ci saremmo aspettati una vendemmia più scarsa, e questa minore quantità è stato un il lato positivo. Qualora avessimo fatto molta uva, con degli acini così grossi avremmo avuto una materia prima con uno scarso grado zuccherino. Invece così il grado zuccherino dovrebbe essersi distribuito nel migliore dei modi.

 

Il lato negativo è che la vendemmia sarà scarsa quantitativamente ma non qualitativamente, produrremo circa la metà rispetto allo scorso anno, sia per la grandinata che ci ha colpito, sia per l’anno di scarica della pianta, e diciamo che l’estate non è stata una delle migliori. Quindi, partendo dalla fioritura, il Lambrusco di Sorbara è andato di più in acinellatura, ma la vendemmia manuale ci permetterà di selezionare i grappoli migliori.

 

 

Partecipate spesso a eventi artistici collegati al vino?

 

Sì, è una cosa che ci piace fare e che all’estero fanno molto più che in Italia. Ci sono nostri clienti ai quali piace organizzare eventi simili, e a noi piace partecipare, anche offrendo un po’ di vino da servire durante le manifestazioni.

 

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Vi promuovete molto all’estero?

 

Sì, soprattutto in Germania, dove vendiamo molto. Una rivista di settore della Svizzera tedesca, diffusa in Germania, ha dato ottimi giudizi ai nostri vini, influenzando molto la loro diffusione. Ogni anno inoltre siamo presenti alla fiera di Düsseldorf.

I mercati esteri per noi sono il target principale. Promuoverci fuori dalla regione, in Italia, è difficile a causa della concorrenza sul prezzo fatta dalle grandi cantine.

Ci rivolgiamo soprattutto al mercato tedesco, a quello giapponese, a quello americano e a quello locale.

 

 

Da dove deriva l’idea di usare un Leone come simbolo dell’azienda?

 

L’idea è nata da mio padre e mio nonno, ai quali piaceva molto perché è un simbolo di forza. Inoltre mio nonno aveva delle statue di leoni in Cantina, e i clienti collegavano già il suo vino ai leoni.

 

 

Ci sono delle tecniche che vi distinguono?

 

Sì, adottiamo la fitodepurazione, un sistema di depurazione delle acque totalmente naturale, che imita il principio di autodepurazione degli ambienti acquatici.

 

In cantina abbiamo mantenuto le vecchie autoclavi rivestite in resina alimentare che dal mio punto di vista regalano profumi che non troviamo in quelle di acciaio, dove molto spesso, seguendo una fermentazione in parallelo, possiamo cogliere la presenza di sentori più metallici.

 

Inoltre abbiamo un impianto fotovoltaico che fornisce la metà dell’energia di cui abbiamo bisogno per l’attività. Vorremmo ampliarlo per diventare totalmente autonomi dal punto di vista energetico.

 

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Signor Davide, come vede il rapporto tra regolamentazione e produzione enologica?

 

Credo che gli imprenditori sappiano come risolvere i problemi del proprio campo. Purtroppo le Cantine hanno poca voce in capitolo quando si trattano i disagi che coinvolgono il settore.

 

Sotto questo punto di vista credo che dovremmo imparare dai francesi. Quando si decide di emanare nuove leggi e nuovi regolamenti, bisognerebbe tenere in considerazione i report e i documenti prodotti dagli imprenditori, da chi lavora la terra.

 

In Francia ogni anno si ridefinisce tutto. Ad esempio se si nota che un anno le cantine hanno più prodotto rispetto al solito, si decide di produrre meno e intervenire sulla vigna per non saturare il mercato. Per la gestione delle vendemmie si indicono dei consigli cinque mesi prima. Vengono analizzati i vitigni e a seconda di quanto emerge si decide in quali periodi bisogna vendemmiare.

 

In Italia invece è tutto altalenante e dipende tutto dall’attenzione dei gestori della cantina.

Noi siamo molto attenti sotto questo punto di vista. Ad esempio da quest’anno cercheremo di riportare in azienda come veniva fatto in passato l’idea di avere un proprio vivaio storico personale, in modo da non perdere la tipicità del vero Lambrusco di Sorbara, che sempre più nel corso della storia è stato standardizzato.

 

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