Alla cantina di Carpi e Sorbara: 110 anni di storia

La seconda tappa del nostro tour “Di cantina in cantina” ci porta alla cantina sociale di Carpi e Sorbara, dove abbiamo incontrato il vicepresidente dott. Carlo Piccinini.

 

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Qual è la storia di questa Cantina? 

 

Oggi la Cantina di Carpi e Sorbara è una realtà molto grande, perché nasce dall’unione di diverse cantine. L’attuale denominazione è nata il primo agosto del 2012, per riunire due realtà: la Cantina di Carpi e quella di Sorbara.

 

Qui siamo a Sorbara. La cantina è stata fondata nel 1923, quindi quest’anno compie novant’anni. È la cantina dalla quale provengo. Anche la cantina di Sorbara è cresciuta assorbendo realtà sociali della zona. Fino agli anni ’70 ogni fazione aveva la propria cantina sociale, poi per centralizzare la produzione e ridurre i costi, si è passati a una concentrazione delle cantine sociali, sfruttando il fatto che i trasporti erano diventati meno impegnativi rispetto al passato, quando si lavorava con piccoli trattori e piccoli rimorchi.

 

La cantina di Carpi invece è la più antica fra le cantine sociali ancora in attività. È stata fondata nel 1903, quest’anno compie 110 anni. Solo la Cantina di Caldiero è stata fondata prima, nel 1890 e rotti, ma quando è stata fondata quell’area apparteneva ancora all’Austria.

 

Anche la Cantina di Carpi nasce dalla fusione di diverse realtà: la cantina della Pioppa (un’altra cantina del centro di Carpi), la cantina di Rovereto di Carpi, la cantina di Concordia, ecc.

 

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Il marchio ha avuto un’evoluzione nel tempo?

 

Sì. In questo momento stiamo lavorando allo stemma della cantina sociale di Carpi e Sorbara. Abbiamo ripreso un po’ in mano la cosa facendo dei piccoli investimenti. Stiamo cercando di costruire un nuovo marchio.

 

Al momento il marchio della cantina di Sorbara è uno stemma in ceralacca. Si tratta di uno stemma storico, molto legato alla tradizione. Nel marchio sono ritratti la chiesetta di Sorbara (una piccola pieve di campagna) con il suo campanile. Nel Lambrusco destinato all’esportazione abbiamo preferito mettere la Ghirlandina per ragioni di riconoscibilità.

 

Al momento stiamo investendo, nei limiti concessi dal nostro budget, sulla nostra brand identity. Io credo che in zona siamo anche abbastanza conosciuti. Abbiamo la fortuna enorme di avere il nome della cantina uguale al nome della DOC. Questo ci avvantaggia per l’internazionalizzazione del marchio. Infatti, nonostante la fusione, come marchio commerciale abbiamo tenuto “Cantina di Sorbara”, anche se la cooperativa si chiama “Cantina di Carpi e di Sorbara”. Abbiamo cominciato da poco a investire sulla promozione su Facebook. C’è da tenere in considerazione che per adesso investire troppo in pubblicità può essere rischioso, perché se adesso facciamo una bella campagna stampa che raggiunge anche la capitale, facciamo un investimento inutile, in quanto a Roma non siamo distribuiti e la gente non ci potrebbe trovare. Sarebbero soldi sprecati.

 

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E cos’è la cantina oggi?

 

Adesso la cantina ha cinque stabilimenti, che sono: Carpi, che è la sede amministrativa (una sede nuova, fatta una decina di anni fa completamente da zero, quindi molto moderna) dove viene lavorato solo vino sfuso; Sorbara, una cantina storica, che, come vedrete quando faremo il giro, dimostra tutti i suoi anni (sembra ancora più datata per colpa dei danni del terremoto); uno stabilimento a Concordia sulla Secchia, dove si lavora solo vino sfuso; poi vi è uno stabilimento a Rio Saliceto, nel reggiano; e un altro stabilimento a Poggio Rusco. Oggi la cantina è una realtà che ingloba tutta la bassa modenese, reggiana e mantovana.

 

È stata una crescita costante, di fusione in fusione, motivata dal fatto che noi crediamo che l’unione faccia la forza in certi casi.
Questo primo anno di unione fra Carpi e Sorbara presenta già i suoi risultati. C’è maggiore specializzazione, sia a livello organizzativo che dal punto di vista amministrativo. Adesso si possono curare meglio gli aspetti burocratici. Nel settore del vino c’è una burocrazia pazzesca. Se uno pensa che in Italia ci sia molta burocrazia, non appena si affaccia al nostro campo si rende conto che prima era anche troppo ottimista. Più o meno la metà dei dipendenti della cantina lavora nella sfera amministrativa. Ci vuole tanta gente per spostare la carta quanta ce ne vuole per spostare 300/400 mila ettolitri di vino.

 

In un’annata normale fra tutti gli stabilimenti pigiamo sui 450 mila quintali di uva, di cui l’80% è Lambrusco, soprattutto Salamino ma anche Sorbara e lambruschi mantovani. L’altra parte, il 20% circa è Ancellotta, che serve per fare il Rossissimo.

 

L’imbottigliamento avviene solo a Sorbara. L’imbottigliamento rappresenta una percentuale molto piccola della nostra produzione. L’anno scorso abbiamo imbottigliato circa un milione e 700 mila bottiglie, quindi se andiamo in ettolitri sono 12.000 ettolitri di vino, contro ai 350 mila che produciamo. Quindi un 3%. Il resto lo vendiamo in cisterna, come vino sfuso, agli imbottigliatori. La vendita al dettaglio avviene in tutte le nostre cantine.

 

 

Cantina Carpi SorbaraChi sono i vostri clienti?

 

Sono soprattutto imbottigliatori modenesi, ma non solo. Si rivolgono a noi imbottigliatori del resto d’Italia, ma anche di esteri. Gli imbottigliatori comprano cisterne di vino, le portano nel proprio centro e imbottigliano ciò che noi produciamo.

 

A Carpi è sempre stato così. Non c’è mai stato l’imbottigliamento e la cantina era concentrata al 100% sul vino sfuso. Sorbara invece ha sempre tentato di destinare parte del suo prodotto direttamente al consumatore finale, seppure in una percentuale minima. La fusione fra le due cantine ha dato vita a un progetto di intensificazione dell’imbottigliamento.

 

 

I prezzi delle vostre bottiglie sono competitivi rispetto a quelli delle bottiglie offerte i grandi imbottigliatori?

 

In questo momento non tanto. Avendo un impianto di imbottigliamento piuttosto piccolo, noi al momento facciamo solo Lambrusco DOC. Il lambrusco di fascia più bassa non riusciremmo a produrlo in maniera efficiente, quindi non lo facciamo.

 

Il nostro è un posizionamento nella fascia medio alta. I nostri vini appartenenti alla fascia media, come il Lambrusco di Sorbara DOC e il Salamino DOC, però, riescono a essere competitivi anche sulla grande distribuzione.

 

In Emilia Romagna il consumo di Lambrusco è prevalentemente DOC. Se andate all’IperCoop, ai Portali o al Grande Emilia, trovate il nostro vino e il 99% dei lambruschi che trovate sono DOC. Se invece ci si allontana verso mercati di altre parti di Italia (e la cosa si intensifica quando ci si sposta in mercati esteri), il Lambrusco offerto diventa prevalentemente IGT. Per quanto riguarda l’imbottigliamento, quindi, siamo una realtà locale.

 

 

Vendete anche vino in damigiana?

 

Il vino in damigiana lo abbiamo sempre venduto.  I nostri dati statistici vedono un calo costante della vendita di vino in damigiana. È un tipo di prodotto al quale ci piace lavorare, anche perché è molto remunerativo per le cantine. Non devi imbottigliare, arriva alle persone, ti pagano subito in contanti, quindi non hai problemi d’incasso.

 

Prima di ottobre, quando è stata introdotto per legge il limite massimo di pagamento entro sessanta giorni, c’erano imbottigliatori che pagavano dopo 180 / 210 giorni.

 

Comunque quella della damigiana è una vendita che va a calare. Di solito riempiono la damigiana le persone anziane. Bisogna dire che la situazione, in altre zone d’Italia, è diversa. Ad esempio in Romagna, anche per far fronte alla crisi, la gente va a prendere il vino sfuso 5 litri per volta. C’è anche la possibilità di prenderlo al supermercato. Con il Lambrusco questo processo è più complicato. Bisogna comprare il vino, imbottigliarlo e fare la presa di spuma. Non si può semplicemente comprare e conservare. Se lo si compra a marzo, non lo si può consumare prima di giugno. Non è possibile comprare il vino per la settimana.

 

Chi compra la damigiana di Lambrusco compra un vino fermo. Venduto il vino, aggiungiamo al vino fermo una parte di mosto fresco, cioè una parte che ha ancora lo zucchero che si trasformerà in alcol. Così il Lambrusco può produrre anidride carbonica. Il vino fermo senza zucchero all’interno rimane tale.

 

Quello della damigiana è processo laborioso. È un investimento. Equivale a comprare 100 o 200 bottiglie di Lambrusco da mettere via per consumarle durante l’anno.

 

Che ripercussioni ha avuto il terremoto sulla cantina?

 

Non abbiamo riportato alcun danno alle macchine, ma alle strutture, purtroppo, sì. Come cantina di Carpi e Sorbara, visto che avevamo in parte gli stabilimenti assicurati, abbiamo sviluppato una pratica di oltre 350 mila euro. Tutti i progetti che avevamo in cantiere, come quello relativo agli imbottigliamenti, li abbiamo dovuti rivedere e posticipare.

 

Adesso la priorità è avere, nel 2015, una linea di imbottigliamento efficiente e moderna. Ci stiamo lavorando, ma il terremoto ci ha complicato le cose. Abbiamo in progetto di mettere in piedi una nuova struttura in cui sviluppare l’impianto, ma adesso è emersa la necessità di rinnovare questa. La prima messa in sicurezza è costata 100 mila euro circa. Fare entrambe le cose diventa una spesa ingente, quindi bisogna rivedere un po’ tutti i piani. L’obiettivo comunque è quello.

 

Per quanto riguarda il nuovo impianto di imbottigliamento, stiamo cercando di fare un piano innovativo. Nel senso che, invece di fare tutto da noi, abbiamo pensato di coinvolgere realtà esterne. Ad esempio, la faremo insieme a un nostro partner spagnolo. In questo momento imbottiglia il nostro vino a Valencia e adesso ha deciso di lavorare anche qui, assieme a noi. È un imprenditore che crede tanto nel Lambrusco, e vuole entrare nella zona di produzione. Fare una nuova azienda, portando imprenditori esteri intenzionati a a investire nel nostro territorio, crediamo possa essere importante in un periodo di crisi.

 

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