Le interviste frizzanti di Lambrusco Valley arrivano all’Azienda Vitivinicola Moretto, dove abbiamo incontrato i due fratelli che la conducono con passione, Fabio e Fausto Altariva.
Fausto, di cosa ti occupi e qual è stato il tuo percorso?
Mi occupo della parte enologica e della produzione: quindi lavoro sia in vigna che in cantina.
Ho studiato tutt’altro, sono un perito meccanico, ma la passione per il vino l’ho sempre avuta: era già nella mia famiglia, da mio nonno a mio padre, che hanno sempre lavorato la campagna e prodotto vino. Mio nonno era un contadino, e mio padre ha continuato la tradizione. Non l’hanno però commercializzato, facevano vino per gli amici.
Negli anni ‘90 ho iniziato con mio padre la vera e propria produzione, con l’etichetta “Fattoria Moretto”. È un nome di fantasia, dal soprannome dato a mio padre. Il pioniere dell’attività è stato lui!
Io sono stato sempre, fin da piccolo, in vigna. La passione mi ha portato a seguire corsi e ad informarmi: se hai la vocazione puoi superare tutti gli ostacoli, anche se non è ciò che hai studiato.
Sul vostro sito avete delle recensioni spettacolari, addirittura il New York Times…
Sì, abbiamo avuto questa fortuna, abbiamo cominciato a lavorare con importatori dagli Stati Uniti e in poco tempo… Eravamo al Vinitaly, e lì abbiamo conosciuto un ragazzo che voleva assaggiare un buon Lambrusco, un buon vino, e gli abbiamo fatto assaggiare il nostro. Dopo è tornato con Anthony Lynch, figlio di Kermit Lynch, un importatore molto conosciuto che voleva qualcosa di speciale, e gli dice “vieni con me che ho appena assaggiato un buon Grasparossa” e allora ce l’ha presentato, ha assaggiato, e da lì è nato tutto.
Vendete soprattutto in bottiglia o anche sfuso?
Al 99% bottiglia: produciamo circa 60.000 bottiglie e circa 40-45 ettolitri di vino sfuso.
Facciamo due selezioni di vigna, che vengono vinificate separatamente: il Monovitigno e il Canova (dal nome del fondo), che ha 43 anni e offre un paesaggio veramente spettacolare, con due querce secolari, con un apparato radicale di 30-40 metri. Ci passa vicino il percorso del Grasparossa, da fare in bici o a piedi.
A Castelvetro godiamo di un panorama bellissimo, e in più siamo nel fulcro dell’economia, con Modena e Reggio vicini, la Ferrari, la culla di motori e di sapori… In cantina facciamo degustazioni per visitatori esterni, in questo ambiente ristrutturato da poco. Cresce il territorio, la tipicità, la territorialità: quel valore aggiunto che qui è davvero potente, il made in Modena, e che è conosciuto anche all’estero.
Cosa vi contraddistingue?
Siamo un’azienda completamente biologica, siamo certificati da una decina d’anni. Per le infestanti usiamo delle macchine interceppo, che sono praticamente diserbi meccanici.
Questo ti porta inoltre a stimolare l’apparato radicale a non produrre più radici in superficie ma ad andare in profondità: lavorando in superficie vai a rompere le barbatelle superficiali e la pianta va sempre più giù.
In estate ciò consente meno stress idrico, perché in profondità e con un terreno argilloso basta un po’ di umidità per avviare la fase di maturazione. Non irrighiamo anche per abituare la pianta a lavorare in profondità e dunque con poca concimazione azotata (la pianta, non trovando l’azoto in superficie, non vi mette radici).
Le nostre piante sono intorno ai 70-80 centimetri d’altezza, dove c’è il cordone permanente, con un metro di parete vegetativa. Il grappolo non è ostacolato dal tralcio e prende naturalmente liquidi e forza dalle foglie, pur non avendo il problema dell’umidità: e il biologico prospera.
Fabio, tu invece di cosa ti occupi?
Io sono soprattutto sulla parte commerciale. Faccio parte anche del consiglio del Consorzio Vita, per la valorizzazione del territorio, come la celebra sagra del Grasparossa a settembre e tanti eventi ed occasioni di degustazione. Siamo nati 10 anni fa con l’appoggio del Comune di Castelvetro, che comprende un territorio abbastanza vasto, in parte pianeggiante (Ca’ di Sola, Settecani), fino alla parte sopra Levizzano, oltre 200 metri sul livello del mare. Noi siamo a metà strada, sui 150-180 metri.
La collina è si preserva maggiormente quando c’è molta pioggia o molta siccità, è più ventilata, l’acqua scivola verso il basso e non fa marcire le piante, soffrendo meno dei cambiamenti del clima.
Per commercializzare i nostri prodotti sono sempre in giro per il mondo. C’è stato da poco un evento a Londra in collaborazione con l’Enoteca Regionale. Prossimamente andrò a New York e a Boston per un evento organizzato dal nostro importatore: la reputazione del Lambrusco sta crescendo molto anche all’estero.
Nel nord Europa la nostra caratterizzazione biologica è un grande valore aggiunto, mentre attualmente in Italia non lo è ancora abbastanza: qui è una scelta, non lo utilizziamo per vendere ma per fare un prodotto pulito e naturale.
Qual è il tuo percorso personale?
Anch’io mi sono avvicinato per passione. Ho fatto un percorso differente da Fausto perché ho accompagnato l’inizio dell’avventura delle vendite delle bottiglie in etichetta nei ristoranti nei primi anni ‘90. Poi sono passato dalla parte del ristoratore: con mia moglie ho aperto un locale, una trattoria, per 10 anni, dove ho fatto conoscere il vino ai clienti.
Poi sono tornato all’azienda, che nel frattempo era cresciuta molto nella zona modenese, che era il nostro obiettivo. L’80% lo vendiamo qui nel modenese, a ristoranti e privati. Il nostro vino è presente in diversi ristoranti ed enogastronomie rinomati di Modena, Sassuolo e poi naturalmente in molti locali di Castelvetro, oltre un centinaio solo sulla provincia di Modena.
Nel 2007-2008 abbiamo cominciato a guardare anche oltre i confini nazionali. Siamo venuti in contatto con questo importatore dagli Stati Uniti. Con il Consorzio a fine maggio saremo al Palatipico di Modena, dove verranno invitati una decina di importatori da tutto il mondo. In queste occasioni gli ospiti rimangono sempre molto soddisfatti e colpiti dalla bellezza del territorio: un giornalista di Forbes ha scritto dieci pagine su Castelvetro e su Modena, dopo essere venuto in visita.
L’azienda è a conduzione famigliare, potiamo e vendemmiamo a mano: il nostro è un prodotto di eccellenza. Tutti gli arredi e i decori della ristrutturazione sono realizzati da aziende del territorio: ci abbiamo tenuto a fare una struttura davvero a chilometri zero, e che fosse molto curata e accogliente.
Veronelli, nella sua Guida Oro 2004, ci ha dedicato una frase di apprezzamento che ci riempie di orgoglio, e che abbiamo riportato sul muro della sala degustazioni.
Siete legati a qualche e-commerce?
Sì, uno tedesco che abbiamo conosciuto tramite un enologo di Bolgheri in Toscana (qui il link), e in Italia con Vinitaly Club (qui il link).
Questo è il momento della potatura?
Sì, che facciamo a mano, lasciando due gemme e alcuni rametti che vanno verso l’alto, in modo che il sapore si concentri. Delle volte facciamo anche il Guyot, ovvero un rinnovo, con dei cloni. In linea di massima cerchiamo di intervenire il meno possibile e di lasciare che la natura faccia il suo corso.
In azienda passano quotidianamente una decina di compratori: un buon 15% lo vendiamo qui in azienda, sulle 8.000 bottiglie. Molti perché sono del territorio e conoscono il nostro prodotto, altri perché sono in zona per lavoro o per turismo, conoscono il nostro vino al ristorante e quindi passano in azienda per acquistarlo. In ogni caso, è sempre una grande soddisfazione.