Storia del Lambrusco – 12° puntata

11° puntata

 

Il Novecento, l’avvento delle cantine cooperative

 

Ma quando e come i vitigni di Lambrusco diedero origine a quelli coltivati in età moderna nelle attuali province di Modena e Reggio Emilia?

 

Antonio Franchino nel 1939 sostenne che le varietà di Lambrusco attuali siano derivate dalle viti vinifere selvatiche viventi nei boschi dell’Appennino, essendo molto simili.

 

Ma alcune varietà di Lambrusco crescono da tempo anche in alcuni territori del Piemonte, anche se secondo Molon, il nome tipico di Lambrusco dovrebbe essere riservato per indicare il gruppo di varietà diffuse in provincia di Modena.

 

Il prof. Cavazza nel 1923 riconosceva due gruppi principali di Lambruschi, che si distinguevano dalle viti selvatiche: i Lambruschi modenesi e i Lambruschi alessandrini, fra cui il Croetto o Neretto di Marengo, mentre anche in Lombardia, secondo l’Acerbi (1825) comparivano le Lambrusche del Mantovano e alcune Lambrusche coltivate anche in Veneto.

 

Nel 1906 Sebastiano Lissone, nella sua guida “I vini d’Italia. Guida pratica popolare per i commercianti, Albergatori e Buongustai“, scriveva riguardo al Lambrusco di Sorbara: “È il vino più celebrato dell’Emilia e si produce in non grande quantità coll’uva Lambrusco nella zona che ha per centro Sorbara, frazione di Bomporto, nella provncia di Modena e che si estende da Bastiglia fino a Motta lungo la Secchia e fino a Camposanto lungo il Panaro. Si distingue per il profumo affine a quello della viola; è piuttosto carico di colore, con un’alcolicità che oscilla da 10 a 12 gradi, ed un’asprezza singolare la quale è solo tollerata dai consumatori delle località e delle regioni limitrofe, per esempio del Veneto. Perciò il Lambrusco – continua il Lissone – mentre è molto apprezzato dai consumatori locali, ha poche simpatie nelle altri parti d’Italia, ed all’estero non trova collocamento se non dove affluiscono gli operai emiliani. Però, essendo vino assai resistente, quando ha qualche anno di conservazione, e non è dolce e spumeggiante, ma secco, rivela buone qualità, le quali fanno desiderare che si modifichi il sistema irrazionale in uso per la produzione di questo vino, che ha titoli per aspirare a miglior fortuna”.

 

La realtà del Lambrusco nel territorio di Modena cambiò notevolmente ai primi del Novecento con l’avvento delle Cantine Sociali. La prima ad essere fondata fu quella di Carpi; seguirono quella di Santa Croce di Carpi (1907), Campogalliano (1908), Cavezzo (1911), Pioppa di Carpi (1912), Soliera (1914), Nonantola (1915), Formigine (1920), Settecani di Castelvetro, Sorbara e Limidi di Soliera (1923).

 

campogalliano

 

Nel 1908, tra le prime in Europa, fu costituita a Modena la Società per la lavorazione delle vinacce e in seguito molte cantine sociali si raggrupparono per costituire nel 1908 la Federazione delle Cantine Sociali della provincia di Modena e Reggio.

 

Grazie all’opera delle associazioni agrarie, il numero delle cantine sociali, in provincia di Modena e Reggio Emilia, passò a ventinove nel 1931.

 

Risale a quegli anni la descrizione apparsa sulla pubblicazione “Le cento città d’Italia illustrate” nella quale veniva scritto: “Il territorio carpigiano, quasi sterminato bosco di olmi e viti, è annoverato a buon diritto fra i primissimi d’Italia quanto alla feracità ed alla produttività del suolo. L’uva ne è il principale prodotto; specialità locale il notissimo Salamino di Santa Croce di cui si fa gran smercio in tutte le piazze della Lombardia e del Veneto… specialmente numerosi gli stabilimenti enologici e le cantine sociali che private”.

 

Continua…

 

 

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